Il fenomeno che ha interessato i cieli d’Italia e di tutta l’Europa meridionale la scorsa domenica sera, apparentemente, non era affatto un’aurora boreale, ma un fenomeno dal poetico nome di SAR. Questo perché, vabbeh lo sapete, anche gli eliofisici non sanno dare i nomi alle cose. La questione è un po’ tecnica, e nessuno si arrabbia se le avete chiamate aurore (gli eliofisici non contano), l’abbiamo fatto anche noi! Questo perché i SAR assomigliano ad aurore ad altissima quota, e quaggiù in Italia non siamo certo abituati a distinguere i vari fenomeni del “meteo spaziale”.
Aurora boreale e tempeste geomagnetiche
Le aurore polari propriamente dette sono generate da particelle di vento solare che si infilano negli imbuti dei poli magnetici e vanno quindi a formare un anello intorno ad essi. I colori dipendono principalmente dalla quota: vicino alla superficie la densità atmosferica è maggiore, e abbiamo emissione a 428 nm (blu) da parte dell’azoto molecolare. Salendo di quota compare l’ossigeno atomico, principale responsabile dell’emissione cromatica grazie a due linee “proibite”. Questa espressione significa che tali colori vengono prodotti solo quando il gas è molto rarefatto. L’emissione a 557 nm (verde) domina fino a 200-300 km di quota, mentre più in alto l’aria diventa così rarefatta che l’equilibrio si sposta a favore dell’emissione a 630 nm (rosso profondo). Nell’immagine sotto tale transizione è molto evidente.
Per misurare l’intensità di una tempesta geomagnetica esistono molti indici, ma i più importanti sono due. L’indice Kp misura il disturbo magnetico alle alte latitudini, e il suo valore è collegato principalmente all’attività proprio delle aurore. Più è intenso il flusso di particelle solari (come nel caso di una CME), più l’indice sale, e in risposta le aurore si spingeranno più a sud. In casi estremamente gravi ed eccezionali, con Kp pari a 8 o addirittura 9, le aurore possono spingersi fino alle latitudini italiane! Per generare una situazione del genere servono però tempeste veramente rare ed epocali (come quella del 10 maggio 2024). L’indice Dst invece misura il disturbo magnetico a medie latitudini, ed è direttamente collegato allo status della magnetosfera. Anche in questo caso valori più estremi (negativi per il Dst) corrispondono a tempeste più gravi.
Queste condizioni domenica 5 novembre sera -NON- c’erano, come evidente dal grafico. Il Kp ha raggiunto appena quota 7, il che corrisponde a una tempesta geomagnetica di classe G3 (su una scala da G1 a G5). Del tutto insufficiente per vedere aurore quaggiù, e per questo motivo gli avvistamenti ci hanno fatto attraversare tutta una serie di emozioni. Lo scetticismo e l’incredulità si sono però dovute arrendere di fronte alle immagini che arrivavano da dovunque, e hanno lasciato il posto a entusiasmo e meraviglia. L’indice Dst invece racconta una storia diversa, ecco quindi che per capire cosa è accaduto domenica nei cieli d’Italia dobbiamo parlare dei SAR, un fenomeno molto diverso dall’aurora boreale.
Che cosa sono i SAR?
SAR sta per Stable Auroral Red arches, archi rossi aurorali stabili. È un nome tremendo, perché non sono né aurore (come detto) né stabili (variano nel giro di minuti), ma quando la nomenclatura fu introdotta nel 1956 non si sapeva nulla di tutto questo. Sono di colore rosso per lo stesso motivo dell’aurora: eccitazione di ossigeno monoatomico ad altissima quota (300-600 km). Tuttavia il meccanismo di generazione è totalmente diverso.
I SAR infatti non sono prodotti dal vento solare, ma in un certo senso dalla Terra stessa! Quando si scatenano tendono a interessare le latitudini medie (cioè l’Europa mediterranea). La loro origine sta nelle famose fasce di Van Allen, due vaste cinture di radiazioni che circondano la Terra. Al loro interno il campo magnetico terrestre confina le particelle in arrivo dal Sole. La fascia più interna è fatta principalmente da protoni ed elettroni lenti, la più esterna da elettroni veloci.
Queste particelle ruotano attorno al pianeta, producendo immense correnti elettriche in moto da est verso ovest, chiamate correnti ad anello. Sono così potenti da generare un significativo campo magnetico antitetico a quello terrestre, misurabile dalla superficie: si tratta proprio dell’indice Dst. Più le correnti si intensificano, più l’indice Dst diventa negativo.
Ecco, sono proprio queste correnti le responsabili dei SAR! Quando una CME colpisce la Terra, le correnti ad anello vengono pompate e caricate di energia. Se si raggiungono determinate condizioni questa energia si scarica infine nell’alta atmosfera terrestre, andando a ionizzare l’ossigeno atomico ad altissima quota. Ecco quindi la produzione di grandi archi luminosi paralleli all’equatore! A volte sotto ai SAR si formano deboli aurore verdastre, generate da protoni ad alta energia e quindi note come aurore protoniche.
Gli eventi di domenica in Italia
Domenica la Terra è stata raggiunta da una prima CME di alone alle 09:00 italiane, che ha iniziato a pompare le correnti ad anello, e da una seconda CME alle 18:00, che le ha fatte straripare con un Dst addirittura di -165 nT. Per riferimento, una delle peggiori tempeste del ciclo 23, nota come “evento della Bastiglia” fece scendere il Dst a -302 nT, il 14 luglio 2000.
Nel giro di pochi minuti i cieli delle latitudini intermedie si sono accesi della spettrale luce rossa dei SAR, al punto da illuminare il paesaggio! Il fenomeno è stato visibile a occhio nudo in Italia tra le 18:15 e le 19:00, per poi diminuire rapidamente di intensità. Anche se invisibili a occhio nudo, i SAR sono comparsi senza problemi nelle foto a lunga esposizione fino a notte inoltrata.
Morale della favola, quello che si è visto domenica in Italia non era la cima dell’aurora boreale in corso sulla Scandinavia, ma un SAR! Un fenomeno completamente diverso, che si forma più a sud dell’anello aurorale vero e proprio. Sono più impredicibili, di natura complessa e ancora poco compresa. Le due deboli CME hanno caricato le correnti ad anello al punto da causare la produzione di SAR molto intensi, senza però che a questo corrispondesse una situazione di disturbo geomagnetico estremo (appunto il Kp si è fermato appena a 7).
Un evento abbastanza raro che resterà negli annali della storia, ma che nel futuro potrebbe ripetersi. Specie quando si considera che il Sole sta per raggiungere il picco del suo ciclo di attività, previsto a cavallo tra 2024 e 2025. Recentemente si è scoperto che ai SAR è associato un altro fenomeno aurorale, scherzosamente chiamato STEVE (e ora consacrato ufficialmente come Strong Thermal Emission Velocity Enhancement).
Una nota conclusiva: a volte le aurore degli anelli aurorali veri e propri sono chiamate “aurore di tipo A”, mentre SAR e STEVE rientrano nella categoria delle “aurore di tipo B”. Quindi sì, alla fine sono una forma di aurore anche loro!
[Update 9 novembre]
Grazie alla segnalazione di alcune foto e video emerge un quadro ancora più complicato del fenomeno di domenica 5. Gli archi SAR si formano a latitudini inferiori alle aurore vere e proprie, ma questo non significa che i due fenomeni non possano essere visibili contemporaneamente! La differenza tra i due fenomeni è chiara in questo timelapse realizzato con una webcam sopra Ortisei, in val Gardena. Sulla destra si vedono il gruppo del Sassolungo e del Sassopiatto.
L’inizio del video mostra l’avvio dell’attività geomagnetica alle 18:10, con la comparsa di un forte bagliore rosso-violetto (l’inizio della scarica violenta di energia dalle correnti ad anello). È questa la luce che è stata vista a occhio nudo in tutta Italia! Questo bagliore poi produce una pennellata violetta sulla sinistra (uno STEVE, alle 18:40, fotografato bene dal nord della Gran Bretagna) e infine si stempera in un grande arco rosso (il SAR vero e proprio).
A metà del video, dopo il passaggio delle nuvole alle 22:50, diventa invece ben visibile sull’orizzonte lontano una cortina di pennellate verticali rosse in alto e arancio/verdi in basso (l’aurora boreale vera e propria), circondata da quanto rimane dell’arco rosso (i SAR in dissipazione). Gli orari sono recuperati dal sito stesso della webcam.
È quindi possibile che, durante le fasi più intense della tempesta, le webcam e gli osservatori del Nord Italia abbiano effettivamente visto l’aurora boreale, sostituita dopo una mezz’ora circa dal fenomeno del SAR. Più a sud della pianura Padana è invece improbabile che anche solo porzioni di aurora siano state visibili, e il fenomeno si è limitato al bagliore dei SAR, prima intenso e poi in lenta dissipazione.
Grazie per l’articolo completo ed esaustivo, che a pochi giorni dall’evento permette di fare luce e chiarezza su questi particolari fenomeni, a cui non siamo abituati. Personalmente ho avuto la fortuna di assistere a diverse aurore nel nord Europa, e devo ammettere che ciò che è successo l’altra sera non mi convinceva a pieno, soprattutto per via di un indice KP pari a 7.
Ed ecco spiegato alla perfezione il “mistero” di questi strani e rari fenomeni, di cui anch’io ignoravo pienamente l’esistenza.
Grazie