013 – Alluminio
Il tredicesimo elemento del Sistema Periodico è l’alluminio (link alla lettura della scheda), uno dei componenti principali del nostro pianeta e uno dei metalli più utilizzati dalla nostra civiltà.
L’alluminio è infatti il terzo elemento più abbondante della crosta terrestre, a quota 8%, dopo silicio (28%) e ossigeno (47%). Non per niente gli allumino-silicati come il feldspato costituiscono addirittura il 60% in massa della crosta. È un metallo molto leggero e resistente alla corrosione, il che lo rende fondamentale nella metallurgia moderna e specialmente in aeronautica. Questa sua resistenza è dovuta a un sottile strato di ossido che si forma sulla sua superficie, proteggendo l’interno da ulteriore ossidazione, un processo detto passivazione.
Un vero metallo
In quanto terzo elemento del terzo periodo, l’alluminio ha tre elettroni di valenza, il terzo dei quali va ad abitare nel primo orbitale 3p. Siamo di fronte a una situazione identica a quella del boro, e infatti l’alluminio appartiene al suo gruppo. Tuttavia le similitudini si fermano qua, perché l’alluminio è decisamente diverso. Mentre il boro è un metalloide, con forme allotropiche e un comportamento refrattario che ricorda quello del carbonio, l’alluminio è un metallo a tutti gli effetti, molto duttile e lucente. In tal senso, assomiglia di più al berillio, un esempio di “somiglianza diagonale”. Ha la quarta conducibilità elettrica più elevata della tavola periodica, dopo argento, rame e oro. Questi tre elementi sono però costosi e densi, e quindi l’alluminio con la sua leggerezza (meno di un terzo del rame) ed economicità è il metallo perfetto per realizzare i cavi dei grandi elettrodotti, lunghi migliaia di km.
La passivazione lo rende molto stabile, e infatti lo troviamo in abbondanza nelle nostre cucine: dai contenitori per cibi e bevande, alla “carta stagnola” (che con lo stagno non c’entra più niente) per l’avvolgimento di cibi freschi, fino alle pentole in alluminio. La sua lucentezza lo rende un metallo perfetto per generare superfici riflettenti, come quelle degli specchi domestici o dei grandi telescopi scientifici (la cosiddetta alluminatura). Il suo ruolo nell’industria è principalmente nelle realizzazione di leghe leggere e resistenti alla corrosione. Biologicamente invece non ha alcun ruolo, e non sembra essere associato a tossicità particolari.
Sotto alla pellicola di ossido però si nasconde un elemento peperino, perché l’alluminio è molto reattivo e in questo assomiglia al boro e agli altri non-metalli. I suoi composti organometallici (ovvero alluminio legato in vario modo al carbonio) tendono a scatenare reazioni molto energetiche, perché l’alluminio vuole ossidarsi a tutti i costi. Ridotto in polvere fine e mescolato con l’ossido di ferro genera un composto incendiario noto come termite, che in presenza di innesco produce una reazione estremamente esotermica, al termine della quale si ottengono ossido di alluminio e ferro. La conseguenza di tutto ciò è che in natura non esiste alluminio puro, ma solo minerali.
Più prezioso dell’oro!
L’abbondanza non ne ha però minimamente semplificato la scoperta, perché l’alluminio ha veramente pochissima voglia di esistere puro. Il nome di questo elemento discende ancora una volta da un minerale noto fin dall’antichità, l’allume, descritto per la prima volta in letteratura da Erodoto oltre 2400 anni fa. È un solfato idrato che veniva variamente utilizzato come astringente e mordente nelle tinture. La radice linguistica sembra essere il proto-italico *alu-, che sta per “sostanza amara”. A inizio Settecento si diffuse l’idea che alla base del sale ci fosse una nuova “terra” (un elemento chimico) ancora sconosciuta. Partì dunque la caccia! Ancora una volta fu Humphry Davy, nel 1808, a coniare il nome per questo presunto elemento. Come per il magnesio, creò il termine neolatino aluminum a partire dall’ossido, l’allumina, ottenuto riducendo il sale, l’allume. Nel 1812 il nome divenne aluminium, più assonante a quello degli altri metalli.
La caccia giunse alla sua conclusione solo nel 1824, quando il danese Hans Ørsted riuscì a isolare un po’ di alluminio puro. La produzione di questo metallo era però così difficile da renderlo più prezioso dell’oro! Si racconta che Napoleone III abbia tenuto un banchetto con posate di alluminio per gli ospiti più importanti, mentre gli altri si dovettero accontentare di quelle d’oro. Nel 1884 il pyramidion del Washington Monument fu realizzato in alluminio, all’epoca il più grande oggetto mai realizzato in tale metallo. Cinque anni più tardi, l’invenzione del processo Bayer rese l’alluminio così economico da produrre che si aprirono le porte al suo uso industriale.
Non fatevi ingannare però: la sua separazione dalla bauxite richiede molta energia e ciò si riflette sul suo prezzo di mercato. Una volta isolato è però facilissimo da riciclare, richiedendo appena il 5% dell’energia di produzione.
Rubini, zaffiri e diamanti
L’elevata reattività di questo metallo fa sì che in natura non esista in forma pura, ma solo come parte di composti. Come già accennato, fa parte del minerale più diffuso del pianeta, il feldspato o allumino-silicato di potassio, sodio e calcio. Industrialmente viene estratto dalla bauxite, semplice idrossido di alluminio, mentre una forma più rara è quello dell’ossido puro, Al2O3, anche chiamato corindone. È una sostanza cristallina durissima, seconda solo al diamante, ma è molto più nota con il nome di due gemme: lo zaffiro e il rubino. La colorazione è dovuta alla presenza di impurità nel cristallo: il cromo dà al rubino la sua sfumatura rossa, lo zaffiro invece deve il suo blu alla presenza di ferro e titanio.
Nel 1902 fu inventato un processo per la produzione industriale del corindone. Oggi gli zaffiri artificiali sono estremamente diffusi: abrasivi, apparecchi ottici, parti meccaniche, vetreria di laboratorio… Gli specchi dell’interferometro gravitazionale giapponese, KAGRA, sono due zaffiri ultrapuri da 23 kg di massa! Quando il corindone si presenta in forma di solido non cristallino è più appropriato parlare di allumina, una sostanza ceramica refrattaria molto resistente, poco reattiva e biocompatibile.
Il calore dei protopianeti
L’alluminio possiede un solo isotopo stabile, 27Al (alluminio-27), dotato di 14 neutroni. Anche stavolta abbiamo quindi un elemento dispari monoisotopico, e sempre per il solito motivo. Gli elementi dispari non vengono prodotti direttamente dalla nucleosintesi stellare, bensì in rami collaterali, in questo caso durante la fusione del carbonio in stelle che esploderanno infine come supernovae. Nonostante questo, è il terzo elemento dispari più abbondante dell’Universo (dietro all’azoto e ovviamente all’idrogeno), piazzandosi in 18esima posizione assoluta.
Tra gli isotopi radioattivi merita una menzione quello simmetrico, 26Al (alluminio-26), dotato di 13 protoni e 13 neutroni e con un tempo di dimezzamento pari a 717.000 anni. Questo nuclide rientra infatti tra i radionuclidi primordiali oggi estinti, ovvero che erano presenti nella nebulosa protosolare oltre 4,5 miliardi di anni fa e che sono completamente decaduti nel frattempo. Oggi si pensa che la nebulosa da cui nacque il Sole fu disturbata da una supernova, che provvedette anche a fertilizzarla con molti elementi pesanti “freschi” di nucleosintesi, tra cui l’instabile 26Al. La presenza di questo radionuclide e del suo calore di decadimento permise anche ai protopianeti più piccoli di fondersi completamente e di differenziarsi, portando a quanto osserviamo oggi nella struttura dei meteoriti.