016 – Zolfo
Il sedicesimo elemento del Sistema Periodico è lo zolfo (link alla lettura della scheda), uno dei pochi elementi conosciuti in forma pura già dai nostri antenati. È il quinto elemento più abbondante della Terra ed è tipicamente associato all’attività vulcanica.
Il Signore degli Allotropi
Lo zolfo è il sesto elemento del terzo periodo, e questo significa che ha sei elettroni di valenza, quattro dei quali negli orbitali 3p. Una situazione identica a quella dell’ossigeno, al quale assomiglia chimicamente: appartengono entrambi al sesto gruppo, quello dei calcogeni. Per il resto, non potrebbero essere più diversi. Lo zolfo è un non-metallo solido in condizioni standard, ha temperature di ebollizione e fusione relativamente basse e possiede tantissime forme allotropiche, almeno 30!
La forma più comune è un solido giallo-verde costituito da una molecola anulare formata da otto atomi di zolfo, S8. Esiste anche l’anello con sette atomi (S7, giallo brillante) e l’anello con sei atomi (S6, arancione). Lo zolfo naturale è un mix di tali forme e ha quindi un colore molto variabile. In laboratorio sono stati prodotti anche anelli con 20 atomi! Sono note molte forme amorfe, in cui gli atomi si organizzano in lunghe catene rettilinee o elicoidali intrecciate tra di loro.
Con l’aumento della temperatura lo zolfo fonde formando un liquido prima giallo (zolfo-λ) e poi di colore rosso scuro (zolfo-π). Il cambio di colore avviene perché i legami tra le molecole e tra gli atomi si stanno rompendo, formando anelli via via più piccoli. Con l’ebollizione si forma la molecola biatomica, il dizolfo (S2), un gas violetto del tutto analogo all’ossigeno molecolare ma che polimerizza appena ne ha l’occasione, andando a formare gli anelli e le catene in forma solida.
L’aumento di dimensioni dell’atomo, e la minore schermatura della carica nucleare data dal maggior numero di protoni, rende lo zolfo meno propenso a fare legami doppi e a preferire quelli singoli. A temperature ancora più alte compare la forma analoga dell’ozono, il trizolfo (S3), un gas color rosso ciliegia.
Le piogge acide
Come il suo cugino ossigeno, lo zolfo è un elemento molto affamato di elettroni che reagisce con qualsiasi cosa (tranne i gas nobili), formando i solfuri. Un esempio stranoto è il solfuro di ferro, la pirite. L’ossigeno combinato con l’idrogeno forma l’acqua (H2O), e similmente lo zolfo genera una molecola triatomica quasi identica: l’acido solfidrico (H2S)… che però è un gas letale! Il nostro naso è in grado di percepirne anche poche parti per miliardo: ha l’odore delle uova marce. Stiamo parlando di due elementi consecutivi nello stesso gruppo chimico, ma la differenza di comportamento è veramente enorme.
Lo zolfo brucia con una vivida fiamma blu producendo anidride solforosa (SO2), uno dei tre gas fondamentali della vulcanologia insieme a vapore acqueo e anidride carbonica. Quando si mescola con l’umidità dell’aria genera l’acido solforoso (H2SO3), mentre l’ossigeno atmosferico la ossida ulteriormente trasformandola in anidride solforica (SO3). Questa si combina rapidamente con l’umidità, producendo il famigerato acido solforico (H2SO4).
Questi acidi, insieme a quello carbonico (generato dalle emissioni di CO2) e nitrico (generato dalle emissioni di ossidi di azoto) rimangono disciolti nell’acqua delle nuvole, andando a generare il fenomeno delle piogge acide. L’inquinamento antropico ha potenziato molto questo fenomeno naturale, con effetti deleteri, ma oggi fortunatamente è molto più sotto controllo.
Dai vulcani alla vita
Le due anidridi hanno effetti climatici importanti, perché formano degli aerosol in grado di aumentare la luce solare riflessa nello spazio. In tal modo contribuiscono a ridurre la quantità di calore intrappolata nell’atmosfera del pianeta, e quindi hanno un effetto netto raffreddante. È il motivo per cui le eruzioni vulcaniche più grandi, come quelle del Tambora, del Krakatau o del Pinatubo, sono state seguite da un significativo (ma temporaneo) raffreddamento del pianeta. La loro permanenza in atmosfera è però breve, e l’effetto svanisce rapidamente in 2-3 anni.
I sali prodotti dall’acido solforico sono i solfati, composti inerti molto diffusi e utilizzati. Il solfato di calcio è il gesso, quello di magnesio è il “sale inglese”, quello di rame è un fungicida ed erbicida, quello di ferro un fertilizzante per le piante, la lista è lunga.
In biologia è un elemento fondamentale: fa parte di due amminoacidi, due vitamine e innumerevoli cofattori e metallo-proteine. È l’ottavo elemento per massa del corpo umano ed è un nutriente essenziale per le piante (sotto forma di solfato). Il ponte disolfuro è essenziale in molte proteine, tra cui la cheratina (capelli e unghie). Per le piante è un fondamentale, ed è spesso somministrato in pari quantità al fosforo.
La porta degli inferi
Lo zolfo è uno dei pochi elementi che si può trovare puro in natura, specialmente dove c’è attività vulcanica. Per questo, da tempo immemore, è associato all’oltretomba e agli inferi. Già 4000 anni fa veniva menzionato nei papiri egizi, e i riferimenti nei testi Classici sono molteplici. È pertanto il secondo elemento che incontriamo, dopo il carbonio, a essere noto fin dai tempi antichi! Il primo a proporne natura elementale fu Antoine Lavoisier nel 1777.
Oggi il grosso della produzione industriale di zolfo proviene dalla raffinazione degli idrocarburi, ma nei paesi poveri la sua estrazione manuale dai crateri vulcanici (come Kawah Ijen) è ancora praticata, con esiti terribili per la salute dei minatori. In combinazione con il nitrato di potassio e il carbonio in polvere produce una delle miscele più rivoluzionarie della storia umana: la polvere da sparo!
Il nome italiano discende da quello latino, sulphur, una grecizzazione di un termine latino ben più antico e dall’origine ignota, sulpur, forse da una radice che significa “bruciare”. In greco antico troviamo invece il nome theîon (che significa “divino”), da cui deriva il prefisso tio- oggi utilizzato in chimica per i composti contenenti zolfo.
Un elemento multiforme
Lo zolfo è molto abbondante nel Cosmo e nel sistema solare è il decimo per abbondanza; il satellite gioviano Io è praticamente coperto di zolfo, da cui il suo tipico colore. Costituisce una porzione significativa del nucleo del nostro pianeta, dove è in lega con ferro e nichel. In natura possiede ben quattro isotopi stabili, un record finora!
1) 32S (zolfo-32), con 16 neutroni: costituisce il 94,8% dello zolfo naturale, una diretta conseguenza della sua estrema simmetria (è la somma di 8 particelle α). La sua produzione avviene principalmente in due momenti: durante la fusione dell’ossigeno (unione di due nuclei di 16O) e durante la fusione del silicio nel processo α (unione di un nucleo di 28Si e una particella α). Siamo giunti all’ultimo step della nucleosintesi: la reazione procede attaccando rapidamente particelle α ai nuclei già generati e la stella la completa in meno di un giorno. Dopodiché c’è l’esplosione di supernova, durante la quale il processo α produce grandi quantità di elementi pari (tra cui lo zolfo).
2) 33S (zolfo-33), con 17 neutroni: decisamente più raro (0,76%), ma dopotutto è asimmetrico con neutroni dispari. Viene prodotto in rami laterali della nucleosintesi, che coinvolgono neutroni e protoni liberi. Le novae tendono a produrne una quantità maggiore rispetto alle supernovae.
3) 34S (zolfo-34), con 18 neutroni: più abbondante (4,37%) perché ha un numero di nucleoni pari. La sua produzione avviene in modo simile allo zolfo-33.
4) 36S (zolfo-36), con 20 neutroni: è il più raro (0,02%), a causa dell’elevato numero di neutroni che ne rende la produzione più improbabile. Per generarlo è necessario un flusso molto intenso di neutroni, come avviene durante le supernovae.