Annuncio epocale sulla fusione nucleare: ottenuto per la prima volta un guadagno netto di energia!
L’annuncio, appena dato dal Dipartimento della Difesa statunitense, è di quelli destinati a essere ricordati. Alla National Ignition Facility del Lawrence Livermore National Laboratory, in California, per la prima volta nella storia si è ottenuto un guadagno netto di energia dai processi di fusione nucleare ricreando condizioni molto simili a quelle presenti nei nuclei stellari!
Attenzione: siamo ancora lontani dal poter produrre energia in modo esteso e continuativo dalla fusione nucleare! È solo il primo passo in un lungo, lungo cammino.
Ok, andiamo con calma e vediamo di cosa si tratta.
La fusione nucleare, il motore energetico delle stelle
Esistono due modi di produrre energia tramite reazioni nucleari: la fissione, in cui un nucleo pesante (in genere di uranio) si separa in due nuclei più leggeri (quello che avviene nelle comuni centrali nucelari) e la fusione, il processo opposto in cui due nuclei atomici leggeri (come quelli di idrogeno) si fondono in uno più pesante liberando energia. Il nucleo atomico che si genera dalla fusione dei due nuclei più leggeri ha una massa leggermente minore della somma delle masse dei due nuclei originari. La massa “persa” è in realtà convertita in energia: è proprio l’energia che permette alle stelle come il nostro sole di brillare.
I vantaggi della fusione nucleare
Senza entrare in dettagli tecnici, i vantaggi principali della fusione nucleare sono soprattutto due. Produrre energia pulita sostanzialmente illimitata. Energia pulita perché la reazione non produce gas serra responsbaili dei cambiamenti climatici ed è priva delle scorie nucleari tipiche invece delle reazioni di fissione. Attenzione, si parla di pulita usando come termine di paragone combustibili fossili e fissione nucleare, non pulita in senso assoluto in quanto anche la fusione non è totalmente priva di scorie e rifiuti (d’altronde anche il trizio, come vedremo, è prodotto artificialmente). Illimitata perché usa idrogeno o isotopi dell’idrogeno, che essendo l’elemento più abbondante dell’universo ha una disponibilità praticamente illimatata, tolto il fatto che il trizio (isotopo del’idrogeno usato per queste reazioni) è rarissimo in natura e pertanto va prodotto artificialmente e che è prodotto tramite fissione del Litio 6, quindi la sua disponibilità non dipende direttamente dall’idrogeno a differenza dell’altro isotopo coinvolto, il deuterio. Al netto di questo e di tutte le ulteriori analisi da fare, di miglioramenti delle strumentazioni l’annuncio di oggi è comunque un primo straordinario passo verso quello che potrebbe essere un futuro energetico e – chissà – climatico molto più roseo di quello che al momento si prospetta per l’umanità.
Il problema della fusione nucleare
Il problema principale del produrre energia tramite fusione nucleare è che finora la quantità di energia immessa nel sistema era molto maggiore di quella che siamo mai riusciti a produrre dalla fusione. Non è quindi una novità la produzione di energia tramite fusione nucleare, lo era la “quantità” di energia prodotta. Siamo in grado di generare processi di fusione nucleare da decenni ma finora non siamo mai stati capaci di avere un guadagno netto di energia, ovvero di avere un bilancio totale positivo.
Affinché la fusione abbia luogo, è necessario avvicinare i due nuclei a una distanza estremamente ravvicinata (dell’ordine del milionesimo di miliardesimo di metro), in modo da vincere la loro repulsione
elettrostatica: per farlo, i nuclei devono essere confinati a una densità e temperatura altissime. Per farlo esistono almeno due metodi: controllare i processi di fusione tramite laser potentissimi oppure tramite campi magnetici estremamente intensi. Macchinari quindi straordinariamente complessi e costosi da realizzare.
Come è stato risolto?
Il Lawrence Livermore National Laboratory affronta il problema della fusione tramite laser. Anzi, il sistema di laser più potente al mondo, grande quanto uno stadio sportivo! La tecnica si chiama “confinamento inerziale” e fa uso di 192 potentissimi laser a infrarossi. La procedura è complessa ma il succo è questo: la radiazione dei laser viene convertita in raggi UV, che colpiscono tutti insieme una cavità d’oro che contiene una capsula di diamante. La lamina viene scaldata dai laser fino a milioni di °C, emettendo così raggi X che comprimono la capsula fino a farla implodere, innescando una reazione di fusione nucleare che si autoalimenta. Questo è il fenomeno noto come “ignizione“.
Il 5 dicembre la National Ignition Facility è riuscita a produrre 3,15 megajoule (MJ) di energia a partire da un’energia di 2,05 MJ proveniente dai laser. Un guadagno netto di circa il 50%.
Quindi le centrali a fusione sono alle porte?
No, non ancora. E per almeno due motivi.
- Il sistema usato non è stato pensato per essere commercializzato e la sua commercializzazione è tutt’altro che semplice. Gli impulsi laser durano soltanto qualche miliardesimo di secondo: a oggi ottenere reazioni prolungate è una sfida ingegneristica straordinariamente complessa. Un esempio su tutti: una centrale di questo tipo dovrebbe produrre 10 impulsi laser al secondo, con un consumo di circa 1 milione di capsule al giorno. I sistemi alternativi a quelli a confinamento inerziale, come i tokamak (il più importante dei quali è ITER, in Francia) sono più adatti alla commercializzazione, ma sono anch’essi complicati e non hanno ancora raggiunto il breakeven, ovvero il guadagno netto di energia.
- Il sistema è in realtà meno efficiente di quanto si creda. L’energia prodotta dai laser è stata di circa 2 MJ, ma la loro alimentazione richiede centinaia di MJ. Inoltre, a causa dei vari step intermedi soltanto l’1% di quei 2 MJ è stata effettivamente trasferita alla capsula.
In conclusione, la notizia è epocale e rappresenta un importante passo nella giusta direzione, ma questo non ci autorizza a immaginare che la rivoluzione sia dietro l’angolo.
Matteo e Filippo